Nella riunione del 15 luglio scorso della Commissione Regionale per il patrimonio culturale del Lazio, su proposta della Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti sono stati dichiarati di interesse storico-artistico particolarmente importante alcuni dei più importanti Santuari francescani lungo il Cammino di San Francesco, nella cosiddetta Valle Santa reatina.
Nonostante le trasformazioni subite nel corso dei secoli dalle strutture originarie, come in tanti insediamenti conventuali dell’area reatina, si ritiene infatti che il Santuario di Fonte Colombo, il Santuario di Santa Maria della Foresta, il Santuario di Greccio e quello di Poggio Bustone rappresentino, soprattutto in virtù del forte legame con il loro territorio, dei beni da tutelare, di importante rilevanza storica e culturale.
Negli ultimi anni si sono peraltro incrementate le iniziative patrocinate dal Ministero della Cultura anche in vista della celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi (1226-2026) per riscoprire e valorizzare l’immenso patrimonio culturale, storico-artistico e spirituale legato al Santo e all’ordine francescano.
Per secoli la geografia francescana ha arricchito di bellezza la nostra Italia e l’Europa. San Francesco continua a essere testimone di incontri possibili tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e la cultura, tra l’uomo e il creato, diffondendo il messaggio di perdono e della pace in molte regioni d’Italia. Non solo Assisi, ma anche la Valle Santa reatina, è divenuta meta e crocevia dei più importanti cammini d’Italia ed Europa.
Il Cammino di Francesco è un percorso di interesse religioso-naturalistico tracciato sulle orme di San Francesco nelle sue visite alla Valle Santa. Qui sorsero alcuni importanti santuari fondati dal celebre frate di Assisi all’interno della Valle Santa Reatina in alcuni momenti cruciali della sua agiografia e costituiscono i luoghi che meglio di altri hanno fatto da sfondo ai momenti più importanti sia della vita di San Francesco sia di quello che poi sarà l’ordine monastico da lui fondato.
Vincolato con decreto n. 188/2024 della Commissione Regionale insieme ai beni mobili in esso contenuti, il Santuario di Fonte Colombo (o Fontecolombo) deve il suo nome a San Francesco che, salendo per la prima volta sul monte sul quale sorge il convento, vide nel bosco una sorgente d’acqua in cui si abbeveravano dei colombi. Denominato anche il “Sinai francescano”, proprio qui, all’interno del Sacro Speco (la grotta sacra), San Francesco d’Assisi scrisse la regola definitiva del suo Ordine.
Quando nel settembre del 1223 arriva in questo luogo, ospite dei monaci di Farfa, in situ trova una piccola cappella prima dedicata a Santa Maria e poi detta della Maddalena e vi tornò nel 1225 per curare il glaucoma che colpì i suoi occhi. Attualmente Si accede al complesso da un piccolo piazzale su cui affacciano sia la chiesa che il convento . Più in basso si trovano ancora il romitorio, riportato alla luce nel 1947, dove il santo subì l’intervento all’occhio, la cappella della Maddalena, al cui interno si trovano pregevoli dipinti del Trecento seppure interessati da cadute di colore, e infine, il Sacro Speco.
Storicamente al Complesso è legato anche il Santuario di Santa Maria della Foresta (detto La Foresta), vincolato nella medesima seduta con decreto n.198/2024 della Commissione Regionale per il patrimonio culturale del Lazio e situato a pochi km da Rieti, all’interno di boschi di castagni e roveri.
Proprio qui avvenne il miracolo dell’uva compiuto da San Francesco e – secondo autorevoli studiosi – durante il soggiorno nel Santuario il Santo avrebbe scritto il Cantico delle Creature.
Nucleo originario del complesso è stata una piccola chiesa rurale immersa nella campagna, nota fin dall’XI secolo, dedicata a San Fabiano, con annessa casa agricola (canonica). Qui soggiornò San Francesco nell’estate del 1225, in attesa dell’intervento di cauterizzazione agli occhi per il glaucoma che lo affliggeva da tempo, che si sarebbe poi svolto nel vicino Convento di Fonte Colombo. In una fase antecedente ai passaggi di S. Francesco, si avvicendarono nella gestione del complesso, dapprima i Romiti, poi i Clareni e in epoca seicentesca i frati Minori Osservanti, responsabili delle principali trasformazioni del complesso, occultando del tutto la Chiesa di San Fabiano, che venne riportata alla luce solo con un restauro del 1947.
Le caratteristiche architettoniche del complesso, circondato da una grande area scoscesa coltivata e con la storica vigna, e le insolite soluzioni nelle quinte del portico, divengono elementi di grande stimolo visivo, emotivo e di bellezza, donando al convento particolare valore architettonico ed artistico.
Come spesso è accaduto per molti edifici ecclesiastici presenti nel reatino, entrambi i Santuari di Fonte Colombo e della Foresta, così come appaiono oggi, sono il risultato di ampliamenti, modifiche, integrazioni avvenute nel corso dei secoli, caratterizzando così l’enorme labilità dei due manufatti architettonici, soprattutto in un contesto territoriale di alta sismicità.
Nei vincoli sui due Santuari adottati su istanza della proprietà, rientrano anche le decorazioni murali e una serie di beni mobili, come catalogati dalla Soprintendenza competente, in prevalenza di ambito umbro-laziale o, come nel caso dei dipinti con Storie di Cristo del Convento La Foresta, di ambito napoletano.
Rispetto ai due santuari reatini e all’impostazione canonica dei monasteri strutturati attorno a un chiostro centrale, il noto Santuario di Greccio (detto del Presepe), incastonato nella roccia di un ripido versante dei monti Sabini, ad un’altitudine di ca. 600 m e a 2 km dall’antico borgo medievale di Greccio, presenta una serie di ambienti in sequenza, su piani diversi e sfalsati, condizionati dalla conformazione rocciosa del sito.
Soprannominato anche la “Betlemme Francescana”, il Santuario ha ospitato la prima miracolosa rappresentazione della Natività voluta da S. Francesco nella notte di Natale del 1223, dando luogo al primo presepe della storia.
Subito dopo il 1223 si costituì a Greccio una piccola comunità di seguaci del santo e nel periodo compreso fra il 1226, anno della morte di San Francesco, ed il 1228, anno della sua canonizzazione, si iniziò la costruzione del complesso monastico, proprio nel luogo dove si svolse la prima rappresentazione cristiana della Natività. Venne edificata una cappella che inglobava la Grotta della Natività, che prese il nome di Cappella del Presepio, e sulla roccia su cui fu deposta la figura del bambino Gesù, che prese miracolosamente vita durante la rievocazione storica del 1223 per poi tornare inanimata, venne posto un altare consacrato al Santo.
Tuttora, la lunetta dipinta di scuola giottesca, sopra l’altare, rievoca la natività di Francesco a Greccio, con il santo vestito da diacono inginocchiato davanti al Bambino, e alle spalle il popolo di Greccio che assiste al miracolo. Nell’oratorio attiguo alla primitiva chiesa intitolata al Santo, si conserva anche un importante ritratto di San Francesco, molto venerato dai frati, considerato l’unico ritratto del santo quando egli era in vita nel 1225. La tela è una copia trecentesca dell’originale andato perduto e rappresenta il santo con il viso sofferente, mentre si asciuga gli occhi con un fazzoletto, per via della malattia agli occhi di cui soffriva nell’ultimo periodo.
Il convento ed eremo francescano di Greccio è ancora oggi meta di pellegrinaggio e di culto, in assoluto il più antico e il più importante dei quattro santuari francescani che si trovano lungo il Cammino di San Francesco nella Valle Santa reatina.
Nel novero dei santuari legati al culto francescano e di recente sottoposti a tutela dalla Commissione Regionale per il patrimonio culturale del Lazio, si annoverano anche il Convento di S. Giacomo a Poggio Bustone (RI), considerato il primo eremo francescano, già vincolato con decreto n. 134/2024 e il Monastero delle Clarisse di Santa Chiara, uno fra gli edifici storici di Rieti di particolare interesse architettonico, la cui fondazione risale ai primordi dell’Ordine Francescano nel XIII secolo.
D’ora in avanti, in base all’art. 21 del Codice dei beni culturali, qualsiasi intervento su tali complessi, o sui beni mobili in essi contenuti, dovrà ottenere la preventiva autorizzazione della competente Soprintendenza.